Febbraio 2019 | News
L’Osservatorio è stato fondato dalla Flai Cgil nel 2012, a pochi mesi dai funerali di Stato celebrati a Corleone in memoria di Placido Rizzotto, sindacalista ucciso dalla mafia siciliana nel 1948. Il suo compito è quello di indagare l’intreccio tra la filiera agroalimentare e la criminalità organizzata, con una particolare attenzione al fenomeno del caporalato e dell’infiltrazione delle mafie nella gestione del mercato del lavoro agricolo. L’Osservatorio promuove una sinergia tra diversi operatori impegnati a vario titolo nell’affermazione della legalità nel settore agroalimentare: sindacalisti, rappresentanti della Magistratura e delle forze dell’Ordine, del mondo accademico, dell’associazionismo e del terzo settore.
Il rapporto
La principale attività dell’Osservatorio è la redazione del rapporto “Agromafie e Caporalato”, un rapporto biennale di inchiesta e ricerca sull’infiltrazione delle mafie nella filiera agroalimentare e sulle condizioni di lavoro nel settore.
Il Quarto rapporto, uscito a luglio 2018, ha rappresentato l’occasione per fare il punto sull’economia illegale nel settore alimentare, approfondire il tema delle norme di contrasto allo sfruttamento dal 1950 ad oggi e per ricostruire, attraverso alcuni casi studio, la situazione dei lavoratori sfruttati in agricoltura.
I dati
L’economia non osservata in Italia si stima in 208 miliardi di Euro; il lavoro irregolare vale 77 miliardi, ovvero il 37,3%. Il lavoro irregolare incide per il 15,5% sul valore aggiunto del settore agricolo. Il business del lavoro irregolare e del caporalato in agricoltura è pari a 4,8 miliardi di euro. Mentre 1,8 miliardi sono di evasione contributiva.
Sono tra 400.000/430.000 i lavoratori agricoli esposti al rischio di un ingaggio irregolare e sotto caporale; di questi più di 132.000 sono in condizione di grave vulnerabilità sociale e forte sofferenza occupazionale. Inoltre, più di 300.000 lavoratori agricoli, ovvero quasi il 30% del totale, lavorano meno di 50 giornate l’anno. Il tasso di irregolarità dei rapporti di lavoro in agricoltura è pari al 39%.
Le condizioni dei lavoratori sottoposti a grave sfruttamento in agricoltura: nessuna tutela e nessun diritto garantito dai contratti e dalla legge; una paga media tra i 20 e i 30 euro al giorno; lavoro a cottimo per un compenso di 3/4 € per un cassone da 375Kg; un salario inferiore di circa il 50% di quanto previsto dai CCNL e CPL. Le donne sotto caporale percepiscono un salario inferiore del 20% rispetto ai loro colleghi.
Nei gravi casi di sfruttamento analizzati, alcuni lavoratori migranti percepivano un salario di 1 euro l’ora. L’orario medio va da 8 a 12 ore di lavoro al giorno.
I lavoratori sotto caporale devono inoltre pagare a questi il trasporto a seconda della distanza (mediamente 5 euro) e i beni di prima necessità (mediamente 1,5€ l’acqua, 3€ panino, etc.).
Ruolo delle mafie
Nell’ultima parte del rapporto, “Le mafie straniere e il caso della mafia bulgara”, si evidenzia come la diffusione e ramificazione propria della mafia straniera “le permette di operare simultaneamente in più parti del territorio nazionale e dunque di ingaggiare manodopera, proporla al mercato della domanda/offerta illegale, stabilire/negoziare interessi con imprenditori irresponsabili/disonesti, ricavarne ricchezza (…). Queste modalità sono di carattere antitetico a quelle che le organizzazioni sindacali mettono in essere per difendere i lavoratori, a prescindere dalla nazionalità di origine. Da questa prospettiva i sodalizi criminali che gestiscono segmenti di offerta di manodopera con regole e comportamenti impositivi e discriminanti possono configurarsi come delle micro-organizzazioni parallele a quelle sindacali, acquisendo, per questa ragione, consequenzialmente, non solo una “funzione ombra” ma specificamente un’identità di “sindacato delinquenziale”.
Una sintesi del rapporto è scaricabile qui
L’intero rapporto è acquistabile qui
(Tutte le immagini sono elaborazioni dell’Osservatorio Placido Rizzotto)
Febbraio 2019 | News
The Raise up project was recently cited in the last document by the European Platform against Undeclared Work, as an example of positive practice to be monitored. Just as suggested by our project, for the period 2019/2020, the Platform has included agriculture in its work program as a priority intervention area and the promotion of the holistic approach as a key action.
Pietro Ruffolo, coordinator of Flai Cgil European and international policies area, had the opportunity to share some considerations on this scourge and its possible solutions during the last meeting of the working group in Brussels, on January 24th.
Gangmasters in action
Undeclared work in agriculture is not just an Italian phenomenon, since it is found in several European countries and the resolution of the problem can only be tackled through transnational cooperation, involvement of all the interested parties and adoption of a holistic approach.
Bulgarian ghetto after a fire
Among the solutions proposed:
- better transnational coordination among labor inspectorates;
- creation of a white list of virtuous companies in order to respect collective bargaining, tax and labor legislation and social security;
- strengthening of support for awareness campaigns through cooperation between trade unions and institutions;
International agreement for cooperation between trade unions
- commitment of the supply chain to apply a labeling system that allows consumers to aknowledge the “socially responsible” origin of the products;
- introduction of a written contract obligation on the day of the recruitment;
- concrete commitment of the Common Agricultural Policy which should: increase the level of professional qualifications for agricultural workers through initial and ongoing vocational training; make the inclusion of initial and continuous vocational training in national plans supporting the second pillar binding; oblige Member States to make payments conditional upon the absence of fraud in hiring, as well as upon compliance with collective agreements and health and safety standards.
Romanian Consulate information spot at Bari (Puglia) Chamber of Labour
For more information:
Here you can download the document of the European Platform for Combating Undeclared Work.
Here, instead, is Flai Cgil’s keynote.
(Photo credits: Pietro Ruffolo)
Febbraio 2019 | News
Il progetto Raise up è stato di recente citato come esempio di pratica positiva da monitorare nell’ambito del documento della Piattaforma europea contro il lavoro sommerso. Per il periodo 2019/2020, proprio come suggerito dal nostro progetto, la Piattaforma ha inserito nel proprio programma di lavoro l’agricoltura come area di intervento prioritaria e la promozione dell’approccio olistico come azione chiave.
Pietro Ruffolo, coordinatore dell’area politiche europee e internazionali della Flai Cgil, ha avuto l’occasione di condividere alcune considerazioni su questa piaga e sulle sue possibili soluzioni durante l’ultima riunione del gruppo di lavoro a Bruxelles, lo scorso 24 gennaio.
Caporale in azione
Quello del lavoro nero in agricoltura non è un fenomeno esclusivamente italiano, ma si riscontra in diversi paesi europei ed è solo attraverso la cooperazione transazionale, il coinvolgimento di tutte le parti interessate e l’adozione di un approccio olistico che si può pensare di affrontare la risoluzione del problema.
Ghetto bulgaro dopo un incendio
Tra le soluzioni prospettate:
- miglior coordinamento transnazionale degli ispettorati del lavoro;
- creazione di una white list di imprese virtuose in ordine al rispetto della contrattazione collettiva, della normativa fiscale e del lavoro e della previdenza sociale;
- rafforzamento del sostegno alle campagne di sensibilizzazione attraverso la cooperazione tra sindacati e istituzioni;
Accordo internazionale di cooperazione tra sindacati
- Impegno della filiera ad applicare un sistema di etichettatura che consenta ai consumatori di riconoscere l’origine “socialmente responsabile” dei prodotti
- introduzione dell’obbligo di contratto scritto nel giorno stesso dell’assunzione
- Impegno concreto della Politica agricola comune che dovrebbe aumentare il livello delle qualifiche professionali per i lavoratori agricoli attraverso la formazione professionale iniziale e permanente; rendere vincolante l’inclusione della formazione professionale iniziale e continua nei piani nazionali a sostegno del secondo pilastro; obbligare gli Stati membri a subordinare i pagamenti all’assenza di frodi nelle assunzioni e al rispetto degli accordi collettivi e delle norme in materia di salute e sicurezza.
Per approfondire:
Qui è possibile scaricare il documento della Piattaforma europea di contrasto al lavoro sommerso.
Qui, invece, si trova la presentazione della Flai Cgil.
Totem informativo del Consolato rumeno presso la Camera del Lavoro di Bari
(Tutte le foto sono di Pietro Ruffolo)
Settembre 2018 | News
Gli strumenti di anticipo pensionistico
Il nostro ordinamento prevede diverse misure per richiedere il pensionamento anticipato.
Se sei vicino alla pensione, ma stai pensando a come poterla anticipare, in questo post troverai l’analisi di alcuni degli strumenti di anticipo pensionistico: quelle per i lavoratori precoci e l’APE Sociale introdotti nella legge di Bilancio 2017 grazie all’importante accordo tra sindacati e governo, e l’isopensione, introdotta con la legge 92 del 2012.
Chi può richiedere l’anticipo pensionistico tramite l’Ape Sociale o come lavoratore precoce?
‘Lavoratori precoci’ e ‘APE Sociale’ sono due strumenti che consentono ad alcune categorie di lavoratori, per chi è già prossimo alla pensione di anzianità o di vecchiaia, di anticipare ulteriormente l’uscita dal mondo del lavoro.
Lavoratori disoccupati, lavoratori con riduzione della capacità lavorativa accertata superiore o uguale al 74%, lavoratori che fruiscono dei benefici della legge 104 per assistere un parente fino al II grado, lavoratori gravosi o che svolgono attività usuranti: se fai parte di una di queste categorie di lavoratori e stai per raggiungere la pensione anticipata potresti avere diritto ad anticipare ulteriormente l’uscita dal mondo del lavoro.
Per toglierci ogni dubbio, sappi che la legge individua 15 categorie di lavoratori gravosi:
- addetti alla concia di pelli e pellicce;
- addetti ai servizi di pulizia;
- addetti spostamento merci e/o facchini;
- conducenti di camion o mezzi pesanti in genere;
- conducenti treni e personale viaggiante in genere;
- guidatori di gru o macchinari per la perforazione nelle costruzioni;
- infermieri o ostetriche che operano su turni;
- maestre/i di asilo nido e scuola dell’infanzia;
- operai edili o manutentori di edifici;
- operatori ecologici e tutti coloro che si occupano di separare o raccogliere rifiuti;
- chi cura, per professione, persone non autosufficienti;
- lavoratori marittimi;
- pescatori;
- operai agricoli;
- operai siderurgici.
Puoi dichiarare di essere lavoratore gravoso o di aver svolto un’attività usurante, se l’hai fatto per 6 anni su 7 oppure per almeno 7 anni negli ultimi 10.
Se sei prossimo a maturare l’anzianità contributiva (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne) e puoi vantare almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro svolti prima dei 19 anni di età, grazie allo strumento per i lavoratori precoci, potrai anticipare la pensione al momento in cui avrai maturato 41 anni di contributi. Tieni presente, però, che dal 2019 questa soglia sarà spostata a 41 anni e 5 mesi.
Per beneficiare dell’anticipo pensionistico in quanto lavoratore precoce, bisognerà fare domanda in una delle due scadenze annuali previste; la prossima scadenza sarà il 30 novembre 2018. Sarà cura dell’Inps monitorare le domande e certificare i requisiti degli aventi diritto a godere di questo beneficio.
Se invece punti alla pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi uomo e 66 anni e 7 mesi donna nel 2018) lo strumento che fa al caso tuo è l’APE sociale che consente di lasciare il lavoro a 63 anni. Per accedere a questa misura sono richiesti almeno 30 anni di contributi ai lavoratori disoccupati, i lavoratori con invalidità pari o superiore al 74% o che usufruiscono di l.104 per assistere un parente, e almeno 36 anni di contributi ai lavoratori gravosi. Da queste soglie le lavoratrici donne potranno inoltre scontare un anno di contributi per ciascun figlio, fino ad un massimo di due anni.
Un ulteriore ‘sconto’ è previsto per i lavoratori disoccupati per i quali sono richiesti solo 30 anni di contributi per poter accedere a questa misura.
Isopensione
L’isopensione presuppone un accordo tra datore di lavoro e Organizzazione sindacale volto ad incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani nel caso di crisi; è quindi uno strumento previsto per accompagnare al pensionamento i lavoratori in esubero.
Nel caso ti trovassi in questa spiacevole situazione, sappi che, se l’azienda per la quale lavori ha più di 15 dipendenti, il tuo datore può fare domanda all’Inps per usufruire di questo strumento che ti consentirebbe di godere di un assegno di importo pari alla pensione che matureresti al raggiungimento dei requisiti, anche se a quella data ti mancano fino a 7 anni di contributi (che diventeranno 4 dal 2021).
I costi dell’assegno di isopensione e della contribuzione figurativa che ti verrà comunque versata, sono a totale carico del datore di lavoro.
(Clicca sull’immagine per scaricarla)
Interessante, no?
Se pensi di poter avere i requisiti per accedere ad uno di questi strumenti, chiedi conferma al Patronato INCA CGIL più vicino a te, prima di stappare lo spumante. Gli operatori sapranno assisterti nelle opportune verifiche e potranno consigliarti la misura più adatta.
Luglio 2018 | News
Agriculture has traditionally been a sector with high undeclared work because of its seasonal character and because workers are hired daily.
The main motivators for undeclared work across concerned countries can be grouped in:
– economic: undeclared work allow individuals to maximize the income of enterprise toand to avoid taxes and contribution burdens;
– administrative: undeclared work is favored by the abuse of flexible forms of work and the spread of sub-contracting makes it easier for employers to abuse such flexible contracts and makes regulation much more difficult;
– cultural: in concerned countries, informal economy is tolerated and undeclared work is perceived as a means of reciprocal assistance between employees.
As stated by recent literature and reinforced by 2016 European Platform Tackling Undeclared Work, cost effective ways of dealing with undeclared economy shift away from the ‘stick and carrot’ approach and rather rely on indirect controls.
It is crucial for key actors to learn from each other about what works and what doesn’t, to develop integrated and holistic approaches and to ensure cross-border cooperation that would draw together the efforts of Member States in their fight against undeclared work.
That’s why trade unions, employer organizations and institutions from Italy, Bulgaria, FYROM, Romania and Serbia got to work together and, in January 2018, thanks to the European Commission funding, launched the project Raise Up to engage in strategic discussions and develop more responsive policies and measures contributing to tackling undeclared work in agriculture. (To know better all the partners involved in the project, check the About Page)
This project, whose acronym stands for “grass Root Actions, Innovative approaches and Stakeholders Engagement to tackle Undeclared work Propensity, supports mutual learning on innovative policy measures and practices and their transfer into regional and national systems through cross border cooperation.
This is made possible thanks to a series of activities: a participatory action-driven research, five national workshops in Italy, Bulgaria and FYR Macedonia, three European workshops, a European dissemination event, the design of evidence based masterplans and roadmaps for future actions, a website, an online learning platform and a social campaign.
The first phase of the project is the exchange of each country experiences. In this way a common awareness develops in order to be able to evaluate the existing tools.
Secondly the project will move onto the study of further measures which are expected to be more effective and better integrated among countries.
Finally, during the third phase, citizens/consumers of each country will be targets of an information campaign. Both traditional and social media should rise in them the question “how has the food I consume been produced?” in order to spread the awareness about the fact that food quality doesn’t exist without work quality for those who produced it.
These objectives will be tackled by promoting the exchange and transfer of experiences among the countries involved in the project.
To find out more about this project and its aims, subscribe to our newsletter.
Novembre 2017 | News
di Ilaria Romeo
responsabile Archivio storico CGIL nazionale
Il 29 novembre del 1988 Bruno Trentin viene eletto segretario generale della CGIL.
Il primo atto della sua Segreteria è la Conferenza programmatica di Chianciano nell’aprile successivo. Trentin rompe gli indugi e illustra il suo progetto, avanzando l’ipotesi di una nuova CGIL, sindacato dei diritti, della solidarietà e del programma ed avviando un processo di autoriforma che proseguirà con la Conferenza di organizzazione di Firenze del novembre 1989 ed il Congresso di Rimini del 1991 per concludersi nel giugno 1994 a Chianciano con la seconda Conferenza programmatica della Confederazione.
“Un rinnovamento dei gruppi dirigenti della CGIL e del loro metodo di lavoro – affermava Trentin nell’aprile 1989 – è possibile e necessario: io avverto questo problema come il compito principale che mi incombe […] Ma non aspettatevi da me un rinnovamento degli uomini separato da un rinnovamento delle politiche, del programma, e della strategia della nostra organizzazione. E non aspettatevi da me il ruolo di un mediatore fra fazioni. Sono e rimarrò, credo, fino alla mia morte, uno dei pochi o dei molti illusi che ritengono che il rinnovamento dei gruppi dirigenti cammina con la coerenza delle idee, con l’assunzione delle responsabilità, con il coraggio della proposta e del progetto. E ciò, proprio perché sono convinto che presto o tardi, con la forza delle idee e delle proposte anche le forze culturalmente minoritarie di oggi, se dimostrano coerenza e rigore, possono diventare maggioranza domani ed essere davvero il futuro della nostra organizzazione […] C’è bisogno, specialmente oggi, di una deontologia del sindacato che dia credibilità e certezze ai lavoratori e che lanci ai giovani che vogliono cimentarsi con questa prova il messaggio che lavorare per la CGIL e nella CGIL non è un mestiere come un altro, ma può essere, può diventare una ragione di vita”.
Del resto già nel 1957 affermava Giuseppe Di Vittorio nel suo ultimo discorso al convegno dei dirigenti e degli attivisti della Camera del Lavoro di Lecco: “La nostra causa è veramente giusta, serve gli interessi di tutti, gli interessi dell’intera società, l’interesse dei nostri figliuoli. Quando la causa è così alta, merita di essere servita, anche a costo di enormi sacrifici […] Lavorate sodo, dunque, e soprattutto lottate insieme, rimanete uniti. Il sindacato vuol dire unione, compattezza. Uniamoci con tutti gli altri lavoratori: in ciò sta la nostra forza, questo è il nostro credo. Lavorate con tenacia, con pazienza: come il piccolo rivolo contribuisce a ingrossare il grande fiume, a renderlo travolgente, così anche ogni piccolo contributo di ogni militante confluisce nel maestoso fiume della nostra storia, serve a rafforzare la grande famiglia dei lavoratori italiani, la nostra CGIL, strumento della nostra forza, garanzia del nostro avvenire. Quando si ha la piena consapevolezza di servire una grande causa, una causa giusta, ognuno può dire alla propria donna, ai propri figliuoli, affermare di fronte alla società, di avere compiuto il proprio dovere” (LEGGI).
Il 14 giugno 1994 si chiude a Chianciano la seconda Conferenza programmatica della CGIL. Bruno Trentin lascia la direzione della Confederazione, “quella CGIL che conosco bene – affermerà nuovamente – e di cui lascio la direzione con un sentimento di infinita riconoscenza […] un sindacato di donne e di uomini che si interroga sempre sulle proprie scelte e anche sui propri errori, che cerca di apprendere dagli altri per trovare tutte le energie che gli consentano di decidere, di agire, ma anche di continuare a rinnovarsi, di dimostrare con i fatti la sua capacità di cambiare e di aprirsi a tutte le esperienze vitali e a tutti i fenomeni di democrazia che covano ora e che covano sempre nel mondo dei lavoratori”.
In un messaggio di saluto non meno famoso affermava Luciano Lama nel 1986: “Compagni, non abbiate paura delle novità, non rifiutate la realtà perché vi presenta incognite nuove e non corrisponde a schemi tradizionali, comodi ma ingannevoli, non rinunciate alle vostre idee almeno finché non ne riconoscete altre migliori! E in quel momento ditelo! Perché un dirigente sindacale è un uomo come gli altri e se in quel momento gli altri lo riconosceranno capiranno anche gli errori. So bene che questo metodo comporta anche il rischio di pagare dei prezzi, ma non c’è prezzo più alto che la verità: in una grande organizzazione, pluralistica e complessa nella ideologia e nella condizione culturale e sociale dei suoi stessi aderenti, il libero confronto, il coraggio delle proprie posizioni sono lievito indispensabile, un contributo al miglioramento delle politiche, alla ricerca collettiva della strada giusta. Io stesso nei momenti di scelta ho fatto molto discutere, anche in preparazione di questo Congresso, e di ciò mi si è talvolta mosso rimprovero. Ma il mondo del lavoro non è un corpo separato, esso è parte essenziale della società, una forza popolare che esprime volontà, alimenta speranze, plasma coscienze. E tanto più il nostro disegno diventa ambizioso e il cambiare riguarda noi e l’intera società, tanto più dobbiamo sentire su di noi incombere l’obbligo di essere chiari con noi e con gli altri, anche per conquistare altri ceti e forze alle nostre idee, ai nostri programmi. Innalzare intorno a noi, in nome di una asettica purezza, una sorta di cordone sanitario significherebbe condannare alla sterilità ogni sforzo di cambiamento, e una vera politica alternativa di sviluppo che garantisca lavoro ai giovani e alla gente del Sud presuppone cambiamenti così profondi nell’uso delle risorse e nel governo del Paese da esigere, con un libero confronto, una vasta ricerca di convergenze e di sforzi” (LEGGI).
“Ecco perché abbiamo bisogno di affrontare in modo completamente diverso il problema della rappresentanza del sindacato – dirà nel 2006 Bruno Trentin nel suo ultimo discorso pubblico – Non si tratta di organizzare un sindacato dei precari, di accettare come fatali delle divisioni che si stanno incrostando nella società, si tratta di assumere come dato centrale i problemi della persona e di costruire su questi problemi una nuova solidarietà. Non è l’aumento salariale uguale per tutti, che fa parte di un’altra epoca e corrisponde a un’estrema varietà di situazioni professionali e salariali, che può risolvere il problema. Non sono le 35 ore uguali per tutti di fronte a una enorme diversità di situazioni che vanno dal laboratorio scientifico alla catena di montaggio. Tanto è vero che su queste parole d’ordine che abbiamo cercato a volte di sposare non siamo riusciti a costruire un minimo di solidarietà fra i lavoratori cosiddetti tradizionali occupati e i giovani in modo particolare senza professionalità esclusi da una capacità di contrattare il loro inserimento nel lavoro. No la nuova solidarietà non si costruisce più sul salario uguale o sull’orario uguale perché le persone sono diverse, perché le persone sono delle entità assolutamente inconfondibili con altre, ecco perché soltanto sui diritti individuali noi possiamo immaginare di costruire una nuova solidarietà e una nuova rappresentanza del sindacato basata su questa solidarietà. Una rappresentanza non più di ceti, di classi, ma di individui che nel sindacato attraverso un’esperienza solidale diventino persone coscienti, capaci di decidere e di ritrovare nei diritti degli altri il sostegno alla singola battaglia loro. Si tratta oggi, come per gli immigrati, di rompere le barriere, i ghetti, quelli dei centri di prima accoglienza come quelli delle case lavoro o degli ospedali dei cinesi a Prato. Tutte forme e sotto forme di oppressione dell’individuo, della persona, di negazione di una libertà di scelta individuale. Solo cosi è possibile, io credo, liberare la persona da una solitudine che nega la sua libertà perché nega il suo rapporto con gli altri”.