Appalti e voucher: perché votare SI ai referendum CGIL

Appalti e voucher: perché votare SI ai referendum CGIL

Responsabilità solidale negli appalti e abrogazione dei voucher: cosa propongono i referendum della CGIL e perché votare sì

Forse troppo spesso qualcuno dimentica che “siamo una repubblica democratica fondata sul lavoro”, o altri dimenticano che ognuno ha diritto al lavoro.

E non un lavoro qualsiasi, ma un lavoro dignitoso, che non calpesta la dignità delle persone, un lavoro che possa rendere le persone libere di vivere la loro vita e di esercitare le proprie scelte.

Utopia? Forse. Ma anche profonda consapevolezza che che ci sia bisogno di un profondo cambiamento. Se vogliamo un’altra Italia dobbiamo liberare il lavoro per poterlo rendere fruibile a tutti e tutte. Senza ricatti, senza cancellare le conquiste fatte in tanti anni di lotte, senza sfruttare la disperazione di chi ha bisogno, senza disintegrare le speranze di chi tenta di costruire la propria vita partendo dal lavoro, senza ricorrere al caporale-schiavista.

Ecco perché per la prima volta la Cgil si è fatta promotrice dei quesiti referendari e a gran voce sta chiedendo al Governo di fissarne la data. E’ in atto una campagna capillare a livello territoriale con numerose iniziative. Camper e pulman che piazza per piazza spiegano alle persone i motivi dei referendum e perché sarà importante votare “Si”. Dal 20 marzo ci saranno spot sugli autobus, in varie Regioni circola “L’Ape del Lavoro”. Fino ad arrivare ad una grande manifestazione nazionale programmata per l’8 aprile.

Partire dai voucher e dagli appalti non è stato casuale, bensì si è trattato di scegliere i punti più bassi della progressiva perdita di valore del lavoro che tra l’altro coinvolgono un enorme parte del mondo del lavoro. Intere generazioni hanno come unica prospettiva un voucher, o l’inferno di una catena di appalti e subappalti. Non può rappresentare l’unica alternativa fare la valigia e tentare la fortuna all’estero. La situazione va cambiata radicalmente qui ed ora, se vogliamo un futuro diverso e un’Italia diversa.

Con il referendum si chiede di ripristinare il principio di responsabilità solidale inderogabile e piena a carico del committente nell’ambito di opere o servizi, abrogando l’art.29, secondo comma del dlgs 276 del 2003. Si verrebbe quindi ad abrogare la derogabilità della responsabilità solidale riportandola in capo al committente, e cioè al soggetto che sceglie l’appaltatore, da un lato, e che beneficia della prestazione lavorativa dei dipendenti dall’altro. Inoltre, abrogando la norma, i lavoratori potrebbero recuperare i propri crediti direttamente e velocemente dal committente, qualora si instaurasse un iter processuale per mancata erogazioni di salario o altre voci contrattuali. Troppo spesso la cosiddetta “filiera dell’appalto” é un vero gioco di “scatole cinesi” dove l’anello più debole della catena è il lavoratore. Appalti al massimo ribasso, esternalizzazioni fatte per risparmiare e abbattere il costo del lavoro, ditte o cooperative che prendono l’appalto e poi svaniscono nel nulla, condizioni di lavoro con disparità contrattuali, evasioni contrattuali, non rispetto della sicurezza e spesso al di fuori della legalità. Il committente non può non assumersi le responsabilità in solido delle scelte attuate e risponderne ai lavoratori. Per farlo bisogna votare “Si”.

Per quanto riguarda i voucher, il referendum ne chiede la cancellazione. Il 28 febbraio u.s., l’Inca Cgil ha presentato un dossier utilizzando alcuni dati INPS. Solo nel 2015, tra i 750.000 lavoratori attivi (coloro che hanno una posizione assicurativa già aperta, alimentata anche da prestazioni di sostegno al reddito per disoccupazione) le donne pagate esclusivamente con i voucher sono oltre la metà e hanno in media 35 anni. I disoccupati di lunga durata, i “silenti” secondo l’Inps, sono 300.000 con storie lavorative anche consistenti alle spalle. Nel 2015 hanno percepito solo voucher. Di loro oltre la metà sono donne. Infine, i percettori di voucher che non risultano iscritti a nessuna gestione previdenziale, sono in tutto 200.000 nel 2015 (sei volte di più di quelli registrati nel 2010). Si tratta di lavoratori sempre più giovani, con un’incidenza delle donne del 58%. Con il voucher si evadono completamente tutte le norme contrattuali e di legge che tutelano i lavoratori: la giusta retribuzione, l’orario, le ferie, la malattia, la maternità, l’indennità il sostegno al reddito (basti pensare nel settore agricolo al diritto alla disoccupazione agricola). Le ricadute previdenziali sono allarmanti. Nelle Marche, la Regione che registra nel 2015 circa 64.000 persone retribuite con i voucher, il reddito medio annuo di questi lavoratori è stato di circa 480 euro, in linea con la media nazionale. Se un lavoratore con le stesse condizioni di reddito raggiunge il tetto massimo fissato per i voucher di 7.000 euro annui, a 70 anni, con 5 di anzianità contributiva, avrà una pensione mensile di 208 euro. Per queste ragioni non è pensabile che bastino alcune modifiche per l’impiego dei voucher. L’uso del voucher va abrogato. Per farlo bisogna votare “Si”.

Le regole democratiche sono il baluardo di una società civile. I referendum della Cgil sono stati riconosciuti “ammissibili”. Il Governo fissi la data del voto in modo da consentire ai cittadini di questo Paese di potersi esprimere. Noi lo faremo, sicuri di incontrarti e di votare insieme il “Si” per contribuire ad un futuro diverso e migliore.

Il lavoro in agricoltura: occupati, migranti e contrattazione

Il lavoro in agricoltura: occupati, migranti e contrattazione

Lo scorso 28 febbraio, presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, si è tenuto il seminario “Il lavoro in agricoltura: peculiarità, problematiche e potenzialità per una crescita moderna del settore primario”.

Gli interventi hanno realizzato un’analisi del mercato del lavoro in agricoltura, con particolare riferimento alle caratteristiche quantitative e qualitative. Questi, in sintesi, i dati più rilevanti:

  • 1.490.547 occupati in agricoltura tra dipendenti e indipendenti;
  • il 23% degli occupati è irregolare;
  • l’Italia è il terzo Paese europeo (8,7% degli occupati agricoli in Europa) dopo Romania e Polonia;
  • 131.000 occupati sono migranti (12,6% sul totale).

Inoltre, si è proceduto a esplorare le potenzialità della bilateralità come strumento a sostegno dell’agricoltura moderna.

Infine, l’INAPP ha presentato il Nuovo Atlante delle professioni approfondendo il contributo che questo strumento può dare alla descrizione delle professionalità del settore agricolo.

Leggi le slides per maggiori approfondimenti:  Il lavoro in agricoltura: dimensioni peculiarita contrattazione.pdf

Locandina_Portici-28-febbraio-2017.pdf

 

Effetti negativi della nuova PCP nella pesca del Mediterraneo

Effetti negativi della nuova PCP nella pesca del Mediterraneo

Evoluzione strutturale ed occupazionale della pesca nel Mediterraneo

di Massimiliano D’Alessio

Nel Mar Mediterraneo le attività di pesca hanno un valore culturale, economico e sociale importantissimo. Un recente parere del Parlamento Europeo[1] ci ricorda infatti «che 250.000 persone sono direttamente impiegate a bordo di imbarcazioni e che il numero di persone impiegate nel settore ittico per la loro sopravvivenza aumenta esponenzialmente se consideriamo le famiglie che vivono grazie al supporto della pesca regionale e che sono impiegate nell’indotto, come la trasformazione e la manutenzione delle imbarcazioni e il turismo».

Il settore ittico nel Mediterraneo riveste inoltre una rilevanza particolare soprattutto per quelle regioni periferiche marittime dove la pesca rappresenta spesso l’unica attività economica possibile. Sempre secondo il Parlamento Europeo, infatti, «il 60% dei lavori legati alla pesca si trova in Paesi in via di sviluppo del Sud e dell’Est del Mediterraneo, mostrando quale sia il ruolo della piccola pesca nello sviluppo sostenibile di quelle regioni e, in particolare, delle comunità costiere più vulnerabili».

Negli ultimi anni le riforme che in Europa hanno riguardato la Politica Comune della Pesca sono state finalizzate sugli obiettivi prioritari della protezione, della conservazione e del risanamento delle risorse ittiche e degli ecosistemi[2]. Secondo il legislatore europeo la dimensione ambientale della sostenibilità è, infatti, ritenuta oggi essenziale per il raggiungimento di quella sociale ed economica. D’altro canto, quanto meno nel breve termine, gli obiettivi ecologici appaiono fortemente in conflitto con quelli socio economici. Appare quindi opportuno valutare in maniera approfondita gli effetti della riforma della PCP sulle condizioni di vita degli operatori del settore ittico e, soprattutto, sulle opportunità occupazionali che le attività di pesca sono ancora in grado di offrire nel Mediterraneo.

Già sul piano strutturale le evoluzioni nella PCP hanno determinato un ridimensionamento del settore. La flotta da pesca mediterranea[3] iscritta nell’Archivio Licenze di Pesca a dicembre 2014 risulta, infatti, composta da 51.460 battelli di cui 45.139 operativi. L’analisi in termini di tipologia di attività svolta evidenzia che la flotta mediterranea è composta in prevalenza da battelli di piccola pesca. Sono, infatti, 31.944 le imbarcazioni di lunghezza fuori tutto inferiore a 12 metri attive nel Mediterraneo. Nel periodo 2008-2014 nel complesso dei Paesi del Mediterraneo[4] si osserva una riduzione del -14% nella numerosità delle imbarcazioni da pesca. Le imbarcazioni iscritte nell’Archivio Licenze di Pesca nell’area del Mediterraneo passano infatti dalle 54.711 unità del 2008 alle 47.075 del 2014. Una riduzione simile si rileva anche considerando il solo sottoinsieme dei battelli operativi. In particolare nel periodo 2008-2014 nei paesi del Mediterraneo si osserva una riduzione del -11% nella numerosità delle imbarcazioni da pesca operative. Le imbarcazioni operative nell’area del Mediterraneo passano infatti dalle 47.584 unità del 2008 alle 42.423 del 2014. La flessione nella numerosità dei battelli riguardi tutti i principali paesi del Mediterraneo. In particolare la Grecia, con una flessione del -14% (-19% per la piccola pesca), è il paese mediterraneo che registra la maggiore flessione nella numerosità dei battelli da pesca. Un ridimensionamento nella flotta da pesca si registra anche in Francia (-13%), in Spagna (-11%), Italia (-6%) e Croazia (-3%). Andamenti in controtendenza si registrano invece per Cipro (+10%), Slovenia (7%) e Malta (1%).

La figura permette di analizzare l’andamento dell’occupazione del settore della pesca nei Paesi del Mediterraneo nel periodo 2008-2014. Come si può osservare la numerosità dei lavoratori della pesca nel Mediterraneo ha registrato con riguardo all’intero periodo una diminuzione complessiva dell’8%. Un’analisi più approfondita permette di osservare che l’andamento dell’occupazione è stato caratterizzato dapprima da un trend crescente che conduce al valore massimo di 82.229 occupati. A partire dal 2010 si evidenzia un’inversione del trend che conduce ad un valore minimo nel 2013 di 72.794 lavoratori occupati nel settore della pesca del Mediterraneo.

La flessione nella numerosità degli occupati nel settore della pesca riguarda tutti i principali Paesi del Mediterraneo. In particolare la Grecia, con una flessione del -19% (-5% per la piccola pesca), è il Paese mediterraneo che registra la maggiore flessione nella numerosità degli occupati nel settore della pesca. Un ridimensionamento occupazionale si registra anche in Italia (-12%), in Francia (-11%) e in Spagna (-11%). Andamenti in controtendenza si registrano invece per Croazia (+43%), Malta (+28%), Slovenia (+13%) e Cipro (+10%).

I dati esposti in precedenza evidenziano il processo di declino socio-economico che caratterizza il settore della pesca nel Mediterraneo. Appare evidente la necessità di introdurre al più presto dei correttivi che invertano il trend occupazionale negativo garantendo la salvaguardia e la prosecuzione delle attività di pesca. In questo senso una effettiva attuazione dovrà essere garantita alla regionalizzazione degli strumenti della nuova PCP per garantire interventi e politiche che tengano effettivamente conto delle specifiche peculiarità ed esigenze che caratterizzano le attività di pesca nel Mediterraneo.

[1] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=COMPARL&reference=PE-595.446&format=PDF&language=IT&secondRef=01

[2] Nella comunicazione “Consultazione sulle possibilità̀ di pesca per il 2017 nell’ambito della politica comune della pesca” (COM(2016)0396), la Commissione sostiene che nel Mediterraneo l’eccesso di pesca resta predominante e urgono rimedi per rovesciare questa situazione.  Nello stesso documento la Commissione esprime preoccupazione perché́ molte delle specie oggetto di valutazione sono pescate ben al di sopra delle stime obiettivo del rendimento massimo sostenibile (MSY).

[3] L’area di analisi è composta da Cipro, Croazia, Francia, Italia, Grecia, Malta, Slovenia e Spagna.

[4] In questo insieme non è compresa la Croazia per cui sono disponibili dati solo a partire dal 2012.

Cassetta degli attrezzi per delegati dei Comitati Aziendali Europei: il corso di formazione ora on line

Cassetta degli attrezzi per delegati dei Comitati Aziendali Europei: il corso di formazione ora on line

A novembre 2015 è stato finanziato il progetto “Food industry sector towards the Europe 2020 Strategy: to promote an empowerment of EWC’s members of Campofrio and Conserve Italia European Works Councils”, dalla DG Occupazione, Affari Sociali e inclusione della Commissione Europea con la partecipazione della FLAI CGIL, Federazione Lavoratori dell’Agroindustria (capofila), di Fondazione Metes, (partner), di Federaciòn Agroalimentaria de Comisiones Obreras (CO-APPLICANT) e con il supporto di Campofrìo Food Group, Conserve Italia, FIDTA, FAI CISL, UILA UIL e EFFAT.

I destinatari del progetto sono stati i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori dei Comitati Aziendali Europei di Conserve Italia e Campofrìo Food Group, con lo scopo di far acquisire loro maggiore conoscenza e consapevolezza sulle criticità che riguardano l’industria alimentare europea, con riferimento alla strategia Europa 2020, e sui contenuti del diritto comunitario in materia di coinvolgimento transnazionale dei lavoratori.
La riunione di avvio del progetto si è svolta il 24 febbraio 2016 a Roma, presso la FLAI CGIL, alla quale hanno partecipato i partner del progetto e i rappresentanti delle due aziende coinvolte.

Il 7 marzo 2016 è stata attivata una piattaforma web per la formazione a distanza che prevede un corso di formazione, con una durata complessiva di 40 ore, suddiviso in 6 moduli tradotti in 6 lingue: italiano, inglese, spagnolo, olandese, portoghese e francese. Alla formazione, hanno partecipato anche rappresentanti di altri CAE del settore agroalimentare e anche di settore diversi (commercio, ristorazione, grande distribuzione).

Il corso di formazione per delegati CAE è una vera e propria cassetta degli attrezzi per tutti coloro che, passo dopo passo, iniziano a svolgere l’attività all’interno dei CAE. Un pacchetto completo che, attraverso l’utilizzo di slides in power point schematiche e di immediata comprensione, fornisce con esattezza tutte le informazioni necessarie. Questi gli argomenti:

  • Le fonti normative in materia di CAE
  • Le strutture organizzative dell’impresa
  • Le relazioni sindacali a livello europeo
  • Meccanismi di funzionamento dei CAE
  • I ruoli all’interno dei CAE
  • I dati economici e finanziari

Il 12 e 13 luglio 2016 si è svolto a San Lazzaro di Savena (BO), presso la sede di Conserve Italia Soc. Coop., il seminario internazionale dedicato al progetto. In particolare, il seminario ha rappresentato un’importante occasione per lo scambio di esperienze sulle principali criticità relative all’attività dei CAE.

Il 15 ottobre 2016 si è conclusa l’attività formativa FAD e nell’evaluation meeting del 22 novembre 2016 sono stati esposti i risultati del piano di monitoraggio e valutazione, evidenziando i punti di forza e le criticità emerse durante lo svolgimento delle diverse attività progettuali. A questa fase finale hanno partecipato tutti i partner del progetto: FLAI CGIL, Fondazione Metes, INDUSTRIA CCOO (ex FEAGRA) e i rappresentanti delle due imprese beneficiarie coinvolte.

Dall’analisi dei dati è emersa la corretta realizzazione di tutte le attività programmate con i relativi obiettivi raggiunti. I partecipanti che hanno portato a termine il corso di formazione sono stati 47, in maggioranza italiani e spagnoli. Le newsletter dedicate al progetto sono state 4 e sono state pubblicate in italiano, spagnolo ed inglese. Tutto il materiale formativo sviluppato nell’ambito del progetto, in seguito alle molteplici richieste, è disponibile sulla piattaforma istituzionale Metes per la FAD e-learning. Invia una mail a: posta@fondazionemetes.it per ricevere le credenziali per accedere alla piattaforma.

Per avere un’idea dei contenuti puoi scaricare alcune slide dell’unità 6 relativa agli indicatori economici.

6.-Indicatori-economici.pdf (2259 download )
De Cecco: 37,4 milioni per lo sviluppo, 810 lavoratori salvaguardati. Ecco quali sono le aziende agroalimentari che guardano a Industria 4.0 con il contratto di sviluppo

De Cecco: 37,4 milioni per lo sviluppo, 810 lavoratori salvaguardati. Ecco quali sono le aziende agroalimentari che guardano a Industria 4.0 con il contratto di sviluppo

Il settore agroalimentare verso “Industria 4.0”: lo strumento dei Contratti di sviluppo

di Massimiliano D’Alessio

Il termine “Industria 4.0” sta diventando sempre più centrale nel dibattito economico, sociale e politico, nazionale ed internazionale. Esso si riferisce alle implicazioni sui sistemi produttivi e sul lavoro connesse all’implementazioni di tecnologie digitali nel settore manifatturiero. L’introduzione nella produzione manifatturiera di diverse innovazioni quali, tra le altre, lʼaddictive manufacturing, la robotica avanzata, l’analisi dei big data, i Cyber-Physics Systems (CPS) e l’utilizzo sempre più pervasivo della rete internet (la c.d. internet of things) quale strumento di gestione e controllo dello spazio, degli oggetti fisici e delle persone che compongono la vecchia catena di montaggio determinano profondi cambiamenti nei modelli di business e nei paradigmi di produzione e di organizzazione del lavoro. Molti esperti sono concordi nel definire questo fenomeno come la “quarta rivoluzione industriale”, evidenziano in questo modo l’entità dei cambiamenti da esso determinati.

L’Unione Europea e molti Stati membri (in primis la Germania) hanno compreso l’entità del fenomeno “Industria 4.0” ed hanno attivato specifiche policy a sostegno delle imprese. Anche il Governo italiano lo scorso 21 settembre ha presentato a Milano il Piano Nazionale Industria 4.0 che descrive il piano di investimenti incluso all’interno della Legge Finanziaria 2016 per favorire la digitalizzazione delle imprese italiane. Il Piano che prevede un intervento da 13 miliardi di risorse pubbliche spalmate tra il 2018 e il 2024 intende attivare investimenti innovativi mediante il supporto di superammortamento e iperammortamento, la Nuova Sabatini e credito di imposta per la ricerca. Ulteriori 10 miliardi sono dedicati a quelle che il piano definisce «direttrici di accompagnamento»: il rafforzamento della detassazione del salario di produttività (1,3 miliardi tra il 2017 e il 2020), la diffusione della banda ultralarga tra le imprese (6,7 miliardi già stanziati), il rifinanziamento del Fondo di garanzia Pmi (900 milioni), le catene digitali e l’internazionalizzazione del made in Italy (100 milioni), i Contratti di sviluppo con focus su Industria 4.0.

Quest’ultima misura offre specifiche potenzialità di supporto per il settore agroalimentare italiano. I contratti di sviluppo, introdotti dall’art.43 del d.l. 112/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008) come evoluzione dei Contratti di programma e dei Contratti di localizzazione, rappresentano oggi il principale strumento agevolativo per la promozione degli investimenti privati. Il Contratto di Sviluppo sostiene, in particolare, gli investimenti di grandi dimensioni nel settore industriale, turistico e di tutela ambientale. Recentemente, il DM 8 novembre 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha introdotto nuove procedure semplificate, prevede una specifica priorità per i Contratti di grandi dimensioni che realizzano interventi coerenti con le finalità e i contenti del piano nazionale Industria 4.0”.

Con il Contratto di sviluppo sono stati finora finanziati 32 interventi di investimento promossi da imprese agroalimentari. Mediante questo strumento agevolativo sono stati, in particolare, accordati finanziamenti per complessivi 381 milioni di euro che hanno generato 664,24 milioni di investimenti nel settore agroalimentare. L’investimento di maggiore dimensione è stato realizzato finora da PASTIFICIO LUCIO GAROFALO S.p.A. che realizzando un programma di sviluppo da 47,6 milioni di euro ha inteso promuovere l’aumento della capacità di stivaggio del magazzino e l’acquisto di 3 nuove linee produttive. A fronte di questo intervento finanziato con 32,86 milioni di euro è previsto un impatto in termini occupazionali per 195 lavoratori assunti/salvaguardati. Il secondo investimento in termini dimensionali è stato realizzato da un raggruppamento di 8 imprese campane capeggiate dalla SAN GIORGIO S.p.a per potenziare la filiera produttiva del settore dolciario. L’investimento complessivo è di 45,11 milioni di euro, di cui 26,12 di agevolazioni concesse mediante il Contratto di sviluppo, è finalizzato all’ampliamento degli stabilimenti delle otto aziende a Castel San Giorgio (SA), Pagani (SA), Cava de’ Tirreni (SA), Striano (NA) e Nocera Superiore (SA). Nell’ottica di elevare gli standard di produzione, confezionamento e conservazione dei prodotti dell’industria dolciaria in Campania. l progetto prevede a regime 120 nuovi posti di lavoro. Il terzo intervento in termini dimensionali è quello realizzato da MOLINO E PASTIFICIO DE CECCO S.p.a che realizzando un programma di sviluppo da 37,4 milioni di euro ha intesto promuovere l’ampliamento dello stabilimento di Ortona, con due nuove linee produttive, una di pasta lunga e una di pasta corta e l’ampliamento dello stabilimento di Fara San Martino, con la realizzazione di un nuovo silos. A fronte di questo intervento finanziato con 21,13 milioni di euro è previsto un impatto in termini occupazionali per 810 lavoratori assunti/salvaguardati.

Altri interventi rilevanti sono stati realizzati da FERRARELLE S.p.a. (34,08 milioni di euro di investimento a fronte di 25,56 milioni di euro di agevolazioni) per l’incremento della capacità produttiva ed il contenimento dei consumi (energia, materie prime e logistica), da UNILEVER ITALIA MANUFACTURING S.r.l. (33,94 milioni di euro di investimento a fronte 10,18 milioni di euro di agevolazioni) per innovare gli impianti e i macchinari e per accrescere la capacità produttiva dello stabilimento di Caivano e da CENTRALE DEL LATTE DI TORINO & C. S.p.a (33,88 milioni di euro di investimento a fronte di 18,63 milioni di euro di agevolazioni) per la realizzazione di una nuova unità produttiva moderna ed efficace e per consolidare ed aumentare i volumi di produzione per i prodotti a maggior valore aggiunto.

Di seguito è possibile scaricare l’elenco completo degli interventi promossi nel settore agroalimentare e finanziati con lo strumento dei Contratti di sviluppo.

elenco-aziende-agroalimentari-contratti-di-sviluppo_2.pdf
Formazione sindacale Flai Cgil: le date di Ottobre

Formazione sindacale Flai Cgil: le date di Ottobre

Una porta rossa che si apre su un grande spazio che aspetta solo tante persone per essere riempito. Questa immagine sembra fatta a posta per rappresentare la natura e lo scopo della formazione sindacale: caratterizzata da un forte senso di appartenenza, è un’occasione di condivisione, confronto, crescita. E’ così che intendiamo la formazione sindacale. E’ così che Metes è diventata il punto di riferimento per la formazione sindacale nel settore agroalimentare, aprendo una porta alla possibilità di essere validi interlocutori capaci di fornire ai lavoratori risposte immediate, sempre aggiornati sullo scenario economico di riferimento e la novità introdotte da leggi e regolamenti.

Nel mese di Ottobre la formazione sindacale che mettiamo in campo per le strutture regionali e territoriali Flai Cgil ci vede impegnati con un calendario intenso: 8 corsi di formazione, 92 ore di docenza in 7 diverse regioni (clicca qui per il calendario completo e aggiornato dei corsi di formazione sindacale in realizzazione). Ecco in dettaglio il calendario della formazione Flai Cgil di ottobre:

  • Comunicazione nelle organizzazioni, gestione delle riunioni, tecniche di team building, Flai Cgil Bolzano 13-14 ottobre: particolarmente importante, al termine del corso, il partecipante sarà in grado di porre attenzione sugli atteggiamenti assertivi e di ascolto, programmare e gestire efficacemente una campagna RSU di successo.
  • Il negoziato aziendale: salario, organizzazione del lavoro, metodologie e tecniche negoziali, Flai Cgil Toscana, 13-14 ottobre: al termine del corso il partecipante sarà in grado di conoscere i tempi del negoziato, leggere lo stato di salute dell’azienda, contribuire alla costruzione di una piattaforma rivendicativa e gestore le tecniche negoziali in materia di salario.
  • Jobs Act – Corso per dirigenti, Flai Cgil Veneto, 18-19 ottobre,  Flai Cgil Lombardia 27-28 ottobre: dalla Legge n. 300 del 1970 al Decreto legge 34/2014, Legge 183/2014, Decreto legislativo 23/2015 e Decreto legislativo 22/2015, cosa cambia in materia di diritto del lavoro e ammortizzatori sociali e quali sono le possibilità offerte dagli accordi sindacali per contenere gli effetti negativi della riforma.
  • Mercato del lavoro in agricoltura e strumenti normativi di contrasto al caporalato e al lavoro nero, Flai Cgil Emilia Romagna 24-25 ottobre: il corso affronta argomenti specifici legati come le evoluzioni strutturali ed economiche che caratterizzano il settore agricolo con particolare riguardo ai nuovi modelli di organizzazione dell’attività di impresa, i meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro in agricoltura con particolare riguardo agli elementi che segnalano situazioni di criticità e illegalità, nonché le modalità di funzionamento delle relative iniziative di contrasto (Rete del lavoro agricolo di qualità, provvedimento di confisca delle aziende coinvolte).
  • Strumenti per il delegato: organizzazione, comunicazione, rappresentanza e bilateralità – I modulo, Flai Cgil Mantova 21 ottobre: il corso, strutturato in tre moduli di 8 ore ciascuno, rappresenta la terza edizione di un progetto di prima sindacalizzazione per i delegati avviato con successo dalla struttura del territorio. Gli obiettivi del corso sono stati individuati con specifico riferimento al fabbisogno dei partecipanti ed alle peculiarità territoriali.
  • Corso per dirigenti sindacali Flai Cgil “Novità introdotte dalla Conferenza di organizzazione 2015, leadership, team building e potenzialità della Community Flai Cgil”, un appuntamento con Flai Cgil Sardegna 20-21 ottobre e un altro appuntamento con Flai Cgil Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trento e Bolzano: il corso per dirigenti Flai Cgil (Segretari Generali regionali/organizzativi, Segretari Generali Territoriali esperti, di prima nomina ed eventuali nuovi quadri sui quali si vuole investire per il futuro in una prospettiva di crescita) permette al partecipante di acquisire le conoscenze, le competenze e le abilità necessarie a gestire le innovazioni introdotte dalla Conferenza di organizzazione e dai conseguenti deliberati applicativi attraverso un corso di videolezioni accessibili quando vuoi e dove vuoi; mette il partecipante in grado di conoscere e mettere in pratica tecniche e buone pratiche sia per esercitare al meglio il ruolo di leader sia per costruire, mantenere e motivare il proprio team di lavoro al fine di mantenere alta la coesione, l’efficacia e l’efficienza del team anche in situazioni di crisi; permettere al partecipante di padroneggiare con sicurezza l’uso della nuova Community della Flai Cgil e di comprenderne le potenzialità di vasto utilizzo.

I corsi per dirigenti sono stati fortemente voluti dalla Flai Cgil Nazionale e la loro programmazione si colloca all’interno del percorso attuativo di quanto deliberato dalla Conferenza d’Organizzazione ed in coerenza con le linee programmatiche confederali che proprio in questo momento mettono al centro del dibattito “il rinnovamento”. Per i nuovi quadri messi in formazione questo appuntamento formativo è solo una prima tappa: nel 2017 ci saranno due corsi a livello nazionale, per poi arrivare ad un terzo appuntamento nel 2018, anno del congresso.

Formare nuovi quadri, potenziare gli attuali è la scommessa che stiamo mettendo in campo per poter svolgere sempre meglio la nostra attività, per rendere sempre più forte la Flai e più autorevole la CGIL.

Clicca sui titoli del corsi per scoprire subito il contenuto e gli obiettivi didattici o clicca qui per scoprire tutti i nostri corsi di formazione sindacale.