Nel corso del convegno conclusivo del progetto “The impact of the Common Fisheries Policy (CFP) reform and the contribution of collective bargaining to create more and better jobs toward the exit from the crisis: information and training measures in European fisheries and aquaculture sector for workers organizations (VP/2013/0201)” svoltosi a Roma il 13 e 14 novembre 2014 sono stati presentati i principali risultati dell’indagine che sono stati realizzati anche grazie al coinvolgimento diretto dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali europee.
Il lavoro di ricerca ha permesso innanzitutto di evidenziare alcune delle principali differenze che caratterizzano i vari sistemi contrattuali della pesca in Europa. Le tipologie di rapporto di lavoro più diffuse sono quelle a tempo determinato o di tipo stagionale.
Si segnala il caso del Belgio e della Danimarca che prevedono anche una tipologia contrattuale con una validità pari alla durata dell’imbarco (da quando il lavoratore sale a bordo fino allo sbarco del pescato). In tutti i paesi è prevista una professionalità minima certificata per l’imbarco del lavoratore. In Danimarca è presente uno specifico riferimento alla convenzione internazionale dell’IMO (International Maritime Organization) sugli standard professionali del personale imbarcato. Il contratto prevede condizione di maggior favore in merito alla formazione professionale quasi in tutti paesi. Al riguardo degna di menzione è la scelta della Francia che prevede l’attivazione di una rete di scuole professionali per l’aggiornamento professionale degli operatori del settore e quella della Danimarca in cui è prevista una remunerazione a favore del lavoratore anche nel periodo dedicato alla formazione. È previsto un orario di lavoro settimanale (tra 38 e 68 ore) o giornaliero (tra 8 e 11 ore). Si segnala il caso della Danimarca e della Francia in cui l’orario di lavoro non viene definito ma viene sostituito da quello di riposo che ha, comunque, una durata conforme alle direttive europee in materia e alla convenzione 188 dell’ILO.
Il sistema salariale più diffuso è quello della “paga alla parte” che prevede che il salario sia composto da una ammontare fisso e da una quota percentuale della differenza tra fatturato e costi operativi (carburante e altre spese sostenute). Si segnala il caso del Belgio dove i lavoratori hanno diritto ad salario minimo garantito che può arrivare fino ad importo 100 mila euro l’anno nel caso degli operatori della pesca industriale. In tutti i paesi esiste un sistema di previdenza sociale che prevede l’erogazione di prestazioni a favore dei lavoratori della pesca. In quasi tutti i paesi il costo delle indennità che vengono erogate è a carico sia degli armatori che dei lavoratori. In molti paesi è attivo un sistema di previdenza integrativa. Sul piano dell’analisi delle criticità del settore la ricerca ha permesso di evidenziare il generale peggioramento delle performance economiche del settore.
Queste difficoltà appaiono frutto da un lato delle scelte assunte in sede di Politica Comune della Pesca (riduzione dei Totali Ammissibili di Cattura e delle quote di svariati stock ittici chiave) parallelamente gli effetti della crisi economica globale (riduzione della domanda interna, difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese).
Non bisogna infine dimenticare gli effetti negativi legati agli aumenti che negli anni caratterizzano il prezzo del carburante e gli altri costi operativi.
Al convegno hanno preso parte circa 80 tra rappresentanti dei lavoratori e delle istituzioni provenienti da tutti i paesi coinvolti nel progetto che hanno salutato l’iniziativa in maniera molto positiva auspicandone il proseguimento.