L’agricoltura italiana è caratterizzata da specifiche specializzazioni produttive. Grazie alle prerogative climatiche e pedologiche del territorio nazionale, la nostra agricoltura ha da sempre una elevata vocazione verso produzioni di qualità ad alto valore aggiunto, come quelle ortofrutticole, olivicole e vitivinicole. Non mancano, in specifiche zone del nostro paese, aree territoriali specializzate nei settori delle commodity agricole come cereali, foraggio o piante industriali. In altre aree territoriali, ingenti investimenti hanno reso possibile un’elevata presenza di serre che consentono di superare la stagionalità produzioni come fiori, ortaggi e frutta.
Come è cambiata l’agricoltura negli ultimi decenni
Negli ultimi decenni, la domanda dei consumatori è cambiata notevolmente, poiché sempre più persone sono attente alla qualità e all’impatto ambientale dei prodotti alimentari. Questo cambiamento è stato accompagnato da trasformazioni strutturali ed economiche nell’agricoltura, dovute allo sviluppo dell’agricoltura industriale e all’adozione crescente da parte delle aziende agricole di innovazioni tecnologiche, organizzative e strategie di diversificazione. Inoltre, gli meccanismi di funzionamento della politica agricola comune (PAC) sono stati soggetti a cambiamenti significativi, il che ha ulteriormente modificato il contesto in cui opera il settore agricolo.
La nostra analisi delle specializzazioni produttive agricole italiane
Il numero 18 del Bollettino Statistico della Fondazione Metes è quindi dedicato all’analisi delle specializzazioni che caratterizzano l’agricoltura italiana a livello nazionale e territoriale e alle evoluzioni che si sono verificate negli ordinamenti colturali nell’ultimo decennio. Grazie alla nostra elaborazione delle informazioni statistiche rilevate dall’ISTAT nell’ambito del 7° Censimento generale dell’agricoltura, nel Bollettino allegato troverete:
una analisi a livello nazionale dei mutamenti intervenuti tra il 2010 e il 2020 nelle superfici destinate alle principali coltivazioni agricole, in termini di specializzazioni produttive;
una descrizione delle caratteristiche dei principali comparti produttivi dell’agricoltura italiana, anche nell’ottica di analizzare le specializzazioni produttive agricole che caratterizzano le agricolture delle regioni italiane;
un insieme di informazioni utili ad analizzare le specializzazioni produttive agricole nelle province italiane.
La nuova nota analizza gli ultimi dati forniti dall’ISTAT in merito agli investimenti nell’industria alimentare e delle bevande.
Le scelte di investimento rappresentano un aspetto cruciale della gestione aziendale: per mantenere un sentiero di crescita stabile e continua, infatti, le imprese devono investire per poter adattare rapidamente i propri modelli di attività in funzione dei cambiamenti di scenario e per rispondere a eventuali evoluzioni nella domanda, nella tecnologia, nella disponibilità di risorse.
Stando agli ultimi dati ISTAT, nel 2021 il valore corrente degli investimenti fissi lordi dell’industria alimentare e delle bevande è stato pari a 7,9 miliardi di euro, l’11,5% in più rispetto al 2012. Dopo la flessione registrata nel periodo 2018-2020, la propensione agli investimenti dell’industria alimentare ha ripreso a crescere attestandosi sul 25,6%. A differenza da questi primi dati, che sono in linea col resto del manufatturiero e dell’economia generale, il valore degli investimenti per addetto, pari a 17,7 mila euro, è inferiore al valore medio complessivo. Questo dato, unito al basso peso della spesa degli investimenti destinati a innovazione e digitalizzazione, può rappresentare una significativa criticità per il settore.
Quando saranno disponibili, occorrerà monitorare i dati relativi al successivo biennio 2022/2023 per verificare l’impatto sugli investimenti dell’innalzamento dei tassi di interesse e dell’introduzione delle specifiche misure del PNRR.
Per approfondire, leggi la nostra analisi completa che contiene dati interessanti sulla composizione degli investimenti delle aziende agroalimentari, nonché sull’incidenza degli IDE, gli investimenti diretti esteri.
a cura dell’Ufficio Studi della Fondazione Metes – 1° marzo 2024
Il VII Censimento agricolo dell’ISTAT mette in luce il prevalere del modello industriale nell’agricoltura italiana, con una marcata tendenza all’accentramento economico e strutturale che porta alla progressiva scomparsa delle piccole aziende e all’abbandono delle zone rurali montane e collinari.
Questo trend è allarmante considerando il ruolo cruciale dei piccoli agricoltori nella conservazione del territorio, della biodiversità e delle tradizioni culturali. In 38 anni, infatti, sono scomparse quasi due aziende agricole su tre e la dimensione media di quelle sopravvissute è più che raddoppiata in termini di superficie a vantaggio di quelle con una dimensione economica maggiore. La manodopera familiare è ancora la principale componente della forza lavoro per le aziende agricole e rappresenta il 76% della manodopera, impiegata dal 98% delle imprese. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, il ricorso alla manodopera familiare si è dimezzato, a vantaggio del lavoro salariato che è cresciuto del 47%.
Le politiche adottate finora sia a livello nazionale che europeo, si sono dimostrate inefficaci nel proteggere l’ambiente e nel contrastare i cambiamenti climatici, risultando in contraddizione con l’obiettivo di preservare la vitalità delle aree rurali. Le riforme della PAC, influenzate da principi neoliberisti, hanno favorito il predominio del mercato sull’agricoltura, accentuando l’uso predatorio delle risorse naturali e l’intensificazione delle pratiche produttive, mentre a livello nazionale manca una strategia agricola efficace, con interventi frammentati che lasciano alle imprese agricole poche prospettive di sopravvivenza.