La catena del valore nel settore agroalimentare

La catena del valore nel settore agroalimentare

Le ultime stime dell’ISMEA aggiornate al 2021 forniscono un’analisi dettagliata sulla distribuzione del valore lungo la catena agroalimentare in Italia, evidenziando la disparità nella ripartizione economica tra i diversi attori del settore. Il rapporto offre uno spaccato significativo su come viene suddivisa la spesa dei consumatori per prodotti freschi e trasformati, mettendo in luce le sfide economiche dei produttori agricoli.

La catena del valore dei prodotti alimentari freschi e trasformati

Secondo l’analisi, su 100 euro spesi dai consumatori per prodotti freschi, come frutta e verdura, solo 19,8 euro rappresentano il valore aggiunto destinato alla fase agricola. Tuttavia, considerando gli ammortamenti e i salari, il margine netto effettivo per i produttori si riduce a soli 7 euro.

La distribuzione del valore aggiunto nella catena del valore dei prodotti alimentari freschi

Fonte: ISMEA (2024)

Per quanto riguarda i prodotti trasformati, la situazione è ancora più sbilanciata. Su 100 euro spesi dal consumatore, solo 4,4 euro rappresentano il valore aggiunto della fase agricola, con un margine netto di appena 1,5 euro. L’industria alimentare contribuisce con un valore aggiunto di 9,7 euro, generando un margine netto di 2,2 euro. In questo contesto, la maggior parte del valore è concentrata nelle fasi di commercio e trasporto, che rappresentano 30,1 euro di valore aggiunto e un utile netto di 13,1 euro.

La distribuzione del valore aggiunto nella catena del valore dei prodotti alimentari trasformati

Fonte: ISMEA (2024)

Conclusioni

Le analisi di ISMEA offrono un importante punto di partenza per riflettere sulle dinamiche di distribuzione del valore e sull’opportunità di politiche più eque per sostenere l’agricoltura e i settori produttivi primari.
La nota completa è scaricabile cliccando il seguente link.

L’occupazione dipendente in agricoltura (2023)

L’occupazione dipendente in agricoltura (2023)

Il Bollettino Statistico n. 21 della Fondazione Metes offre un’analisi approfondita delle dinamiche occupazionali nel settore agricolo italiano, aggiornando i dati al 2023.

Con quasi un milione di operai agricoli impiegati e oltre 117 milioni di giornate lavorate, l’agricoltura rimane un pilastro fondamentale per il tessuto economico e sociale del Paese, nonostante le sfide in atto.

Dati e tendenze

Per la prima volta, il numero di operai agricoli scende sotto il milione. Nel 2023 995.163 operai agricoli dipendenti sono stati impegnati complessivamente per 117.669.335 giornate.

Rispetto al 2022 la numerosità degli operai agricoli dipendenti è diminuita dell’1,2% mentre le giornate lavorate sono leggermente aumentate (+0,5%). Negli ultimi 10 anni la numerosità degli operai agricoli dipendenti è diminuita dell’1,4%, mentre le giornate lavorate sono aumentate del +12,5%.

Parallelamente, le imprese agricole con dipendenti registrano un calo significativo, accentuando il dibattito sull’evoluzione della sostenibilità del settore. Nel 2023 le imprese attive che occupano manodopera agricola dipendente sono 169.641.

Caratteristiche anagrafiche degli occupati in agricoltura

Nel 2023 gli occupati dipendenti in agricoltura erano per il 69% uomini e per il 31% donne. Nel periodo 2014-2023 l’occupazione dipendente maschile in agricoltura è cresciuta del 5% e quella femminile è diminuita del 13%.

La classe d’età con maggior frequenza nel 2023 risulta essere quella ‘35-54 anni’, in cui ricade il 44,1% dei lavoratori dipendenti. Nella classe d’età ‘fino a 34 anni’ si concentra un terzo dei dipendenti (31,5%), mentre il 24,3% ricade nella fascia ‘oltre i 55 anni’. Nel periodo 2014-2023 l’incidenza della classe d’età ‘fino a 34 anni’ è rimasta sostanzialmente stabile mentre quella ‘35-54 anni’ ha progressivamente ceduto quote a quella dei lavoratori ‘oltre i 55 anni’.

Nel 2023 erano 249.331 i lavoratori extracomunitari impegnati nel settore agricolo italiano. Nel periodo 2014-2023 il peso dei lavoratori extracomunitari in agricoltura è passato dal 14,7% del 2014 al 25,1% del 2023. I lavoratori extracomunitari dipendenti in agricoltura provengono principalmente da India (17,4%), Marocco (15,2%) e Albania (15,2%).

I caratteri del lavoro agricolo in Italia

Fonte: nostre elaborazioni su dati INPS 2024

Caratteristiche dei rapporti di lavoro

Nel 2023 il 26,2% dei lavoratori è occupato per meno di 50 giornate annue, il 15,5% lavora ‘51-100 gg’, il 22,1% lavora ‘101-150 gg’ e il 36,1% è impegnato per ‘oltre 150 gg’ annue.

Nel 2023 gli operai agricoli a tempo determinato (OTD) sono 891.535 e rappresentano l’89,6% del totale dei lavoratori dipendenti in agricoltura. Gli operai a tempo indeterminato (OTI) sono invece 115.185 e costituiscono circa l’11,6% dei lavoratori dipendenti del settore. Dal 2018 la numerosità degli occupati a tempo determinato è in calo (-9%) a vantaggio di quella degli occupati a tempo indeterminato (+11%).

Analisi territoriali

Come di consueto Il bollettino approfondisce inoltre, come di consueto, le peculiarità territoriali: dal primato della Puglia per numero di imprese e giornate lavorate, alle criticità in regioni come Emilia-Romagna e Molise, fino alle graduatorie che sintetizzano i valori dei principali indicatori (imprese, occupati, giornate lavorate) per provincia.

Imprese agricole, occupati e giornate a livello regionale (2023)

Fonte: nostre elaborazioni su dati INPS 2024

Conclusioni

Le condizioni meteorologiche avverse e le tensioni geopolitiche emerse nel 2023 hanno esercitato una pressione significativa sull’agricoltura italiana, amplificando le criticità già esistenti. Questa combinazione di fattori ha portato alla riduzione delle imprese attive e ha accentuato la precarietà del lavoro agricolo, evidenziando le fragilità strutturali di un settore che fatica ad adattarsi rapidamente a uno scenario globale sempre più complesso e instabile.

Scarica il documento completo qui:

Conti economici delle imprese e delle multinazionali nell’industria alimentare e delle bevande (2022)

Conti economici delle imprese e delle multinazionali nell’industria alimentare e delle bevande (2022)

Secondo le ultime rilevazioni ISTAT relative ai conti economici delle imprese e multinazionali nell’industria alimentare e delle bevande, le imprese attive sono 52.400 e occupano circa 468.000 addetti, di cui 400.000 dipendenti.

Rispetto al settore manifatturierio, l’industria alimentare e delle bevande rappresenta il 13,7% delle imprese, l’11% degli addetti, il 12,2% del fatturato e l’8,4% del valore aggiunto.

Come avviene più in generale per il sistema produttivo italiano, anche nell’industria alimentare e delle bevande le microimprese (sotto i 10 addetti) rappresentano la maggior parte del settore: l’85% delle imprese, il 28,5% degli addetti e il 10% del valore aggiunto. Viceversa, meno del 2% sono grandi imprese (250 addetti e oltre).

Il comparto con il maggior numero di imprese e di addetti è quello ‘Prodotti da forno’, in cui si rileva il 57,0% delle imprese e il 35,2% degli addetti. Ma è l’ultimo, insieme a quello ‘Oli e grassi’ per rapporto occupati per impresa: solo 5,5. Ciò si spiega con la piccola dimensione di ciascuna impresa di prodotti da forno.

Nella tabella che segue si riepilogano le principali caratteristiche dei comparti produttivi dell’industria alimentare e delle bevande.

Caratteristiche dei comparti dell’industria alimentare e delle bevande – Anno 2022

SettoreImpreseValore aggiuntoOccupatiOccupati per impresa
Numero%Migliaia di euro%Numero%
Carni3.2026,1%4.102.58513,4%63.36913,5%19,8
Ittico4320,8%453.6321,5%6.6921,4%15,5
Ortofrutta1.6943,2%2.555.1168,3%36.4367,8%21,5
Oli e grassi2.7215,2%1.011.7463,3%10.8692,3%4,0
Lattiero-caseario2.7885,3%3.327.51610,8%46.2419,9%16,6
Molitorio1.0692,0%1.430.2744,7%11.5002,5%10,8
Prodotti da forno29.87457,0%5.897.37619,2%164.88035,2%5,5
Altri prodotti alimentari6.87113,1%5.935.61619,3%77.64816,6%11,3
Alimentazione animale4590,9%1.000.1573,3%7.8561,7%17,1
Bevande3.3046,3%4.976.09616,2%42.9589,2%13,0
TOTALE52.414100,0%30.690.114100,0%468.449100,0%8,9

Fonte: Elaborazioni Fondazione Metes su dati ISTAT

Nella nota che si può consultare e scaricare qui di seguito, abbiamo evidenziato le tendenze dei dati riportati rispetto agli anni precedenti e abbiamo incluso un interessante approfondimento sulle imprese multinazionali.

Il commercio internazionale agroalimentare in Italia

Il commercio internazionale agroalimentare in Italia

La nota che riportiamo in fondo a questo articolo analizza i principali dati pubblicati da ISMEA relativi al commercio internazionale agroalimentare in Italia nel primo semestre 2024.

Export agroalimentare 2024

Nei primi sei mesi del 2024 l’export agroalimentare italiano si attesta sui 34 miliardi di euro e, a differenza dell’export complessivo che vive una tendenza negativa, registra una crescita del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. Se questi andamenti rimarranno costanti alla fine del 2024 le vendite all’estero di prodotti agroalimentari italiani potrebbero presto superare la cifra record di 70 miliardi di euro.

Import agroalimentare 2024

Le importazioni di prodotti agroalimentari hanno raggiunto il valore complessivo di circa 33,5 miliardi e sono cresciute nel primo semestre del 2024 ad un tasso nettamente inferiore (+1,4% rispetto al primo semestre 2023). A questo risultato ha contribuito in larga misura l’incremento delle importazioni di prodotti dell’industria alimentare (22,3 miliardi di euro, +2,2%).

Saldo commerciale agroalimentare

Questi andamenti hanno determinato un netto miglioramento del saldo commerciale che, nel periodo in esame, ha registrato un surplus di 433 milioni di euro contro un disavanzo superiore a 1,3 miliardi nei primi sei mesi dello scorso anno.

Le esportazioni e importazioni agroalimentari italiane per comparti produttivi

Tabella che riporta i principali valori del commercio internazionale agroalimentare divisi per comparto produttivo
Fonte: elaborazioni Fondazione Metes su dati ISMEA

Altri dati sul commercio internazionale agroalimentare

La nota allegata approfondisce il tema offrendo un’analisi dei dati che riguardano anche i paesi di destinazione e provenienza degli scambi commerciali del settore agroalimentare, nonché i principali comparti produttivi coinvolti che abbiamo riportato nella tabella precedente.

Vi invitiamo a scaricarla qui.

Economia non osservata 2022

Cosa si intende per economia non osservata?

L’economia non osservata comprende tutte quelle attività economiche che, per motivi differenti, sfuggono all’osservazione statistica diretta. Le principali componenti dell’economia non osservata sono l’economia sommersa, l’economia illegale, l’economia informale e il sommerso statistico.

Nell’economia sommersa si includono, più nello specifico, tutte quelle attività nascoste volontariamente alle autorità fiscali, previdenziali e statistiche tramite comunicazioni volutamente errate del fatturato e/o dei costi (sotto-dichiarazione del valore aggiunto) o attraverso l’utilizzo di lavoro irregolare.

L’economia illegale, invece, è composta dalle attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge, e quelle che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati.

Composizione delle componenti dell’economia sommersa e attività illegali (%) – 2022

Fonte: Elaborazioni Fondazione Metes su dati ISTAT

Quanto incidono le attività non osservate sull’economia?

Stando agli ultimi dati ISTAT, il valore aggiunto generato dall’economia non osservata italiana nel 2022 valeva 201,6 miliardi di euro con una crescita di 17,6 miliardi rispetto all’anno precedente.

Nel settore agricoltura, silvicoltura e pesca l’economia sommersa (ovvero al netto delle attività illegali) valeva 27,9 miliardi di euro e rappresentava il 15,7% del totale del sommerso economico nazionale.

Nel 2022 le unità di lavoro irregolari ammontavano nel complesso a 2 milioni 986mila. L’agricoltura, silvicoltura e pesca, dove è irregolare più di una unità di lavoro a tempo pieno (ULA) su tre, è il secondo settore in termini di incidenza delle unità di lavoro irregolari (34,2%). In particolare, sono 198mila le unità di lavoro non regolari (138mila dipendenti e 60mila indipendenti).

Per maggiori approfondimenti su tutti i settori economici vi invitiamo a scaricare la nota allegata che analizza tutti gli ultimi dati disponibili.