Le ipotesi di revisione della Politica Agricola Comune 2023-2027. Effetti delle proteste dei “trattori” sulle ambizioni ambientali dell’UE

Le ipotesi di revisione della Politica Agricola Comune 2023-2027. Effetti delle proteste dei “trattori” sulle ambizioni ambientali dell’UE

Cosa si intende per revisione della PAC 2023-2027?

Il 26 marzo scorso, dopo appena un anno dall’entrata in vigore della nuova riforma, i ministri dell’agricoltura dell’UE hanno formulato il loro parere positivo in merito alle ipotesi della Commissione europea sulle modifiche da apportare alla PAC 2023-2027.

Si tratta dei primi provvedimenti che le istituzioni europee intendono adottare per rispondere alle “proteste dei trattori” che, dagli inizi del 2024, si sono diffuse in tutta Europa.  I primi riguardano il pacchetto globale di misure di semplificazione, già proposto dalla Commissione il 15 marzo 2024, finalizzato ad introdurre modifiche ad alcuni meccanismi della PAC che riducano gli oneri amministrativi a carico degli agricoltori europei. I secondi sono invece relativi  a una proposta finalizzata a rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare. Le modifiche che riguardano i meccanismi della PAC i cambiamenti dovrebbero interessare la condizionalità ambientale e i piani strategici.

Quali sono le modifiche della PAC proposte dalla Commissione Europea?

Per il dettaglio delle modifiche proposte vi rimandiamo alla nota del nostro ufficio studi che passa in rassegna tutte le ipotesi nel dettaglio: dai piani strategici alla copertura minima del suolo, la rotazione delle colture, la superficie agricola destinata ad aree non produttive. Nell’approfondimento anche un excursus del clima di protesta nei vari paesi europei che ha portato alle proposte di modifica della

Impatto e rischi delle modifiche alla Politica Agricola Comune

In questo complesso scenario caratterizzato dalle proteste, da un lato, e da un clima generalizzato di ridimensionamento delle ambizioni ambientali delle politiche europee, è necessario porre grande attenzione alle evoluzioni che caratterizzeranno nei prossimi mesi le politiche europee per l’agroalimentare. Le organizzazioni sindacali, in particolare, dovranno focalizzare l’attenzione sull’applicazione della condizionalità sociale, che è stato il principale risultato finora ottenuto in Europa dall’alleanza politica tra ambiente e lavoro, per preservare e rafforzare gli obiettivi del pilastro sociale della PAC 2023-2027.  

Scarica qui la nota di approfondimento

a cura dell’Ufficio Studi della Fondazione Metes – 5 aprile 2024

Andamento dell’inflazione nel periodo gennaio-marzo 2024

Andamento dell’inflazione nel periodo gennaio-marzo 2024

L’ultima nota del nostro Ufficio Studi analizza l’andamento dell’inflazione nel periodo gennaio-marzo 2024 dell’anno partendo dai dati pubblicati dall’ISTAT.

Andamento dei prezzi al consumo nel primo trimestre 2024

Nel primo trimestre dell’anno il calo dell’inflazione registrato a partire da ottobre 2023 subisce una battuta d’arresto e l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) è cresciuto dell’1,2%.

L’incremento è dovuto in particolare alla crescita dei prezzi dei Beni industriali non energetici (+3,8%) e a quella dei prezzi dei Servizi (+0,9%). Per quanto riguarda i beni alimentari, aumentano i prezzi dei prodotti lavorati(+0,4%), mentre diminuiscono quelli dei beni alimentari non lavorati (-1,3%). La flessione più consistente è quella dei prezzi dei beni energetici che diminuiscono del 2,2% nel periodo gennaio-marzo 2024.

Figura 1 – Andamento dell’inflazione nel periodo gennaio-marzo 2024

Fonte: elaborazione Fondazione Metes su dati ISTAT, 2024

Stime dell’inflazione della Banca d’Italia

Secondo le proiezioni della Banca d’Italia per il biennio 2024-2026, l’inflazione al consumo, che nel 2023 era al 5,9%, dovrebbe diminuire nel 2024 all’1,3%, per poi risalire nel biennio successivo, rimanendo comunque inferiore al 2%.

Nella nota, che potete scaricare e leggere qui, oltre al dettaglio dell’andamento dei prezzi per divisione di spesa, troverete anche un interessante focus sull’impatto dell’inflazione sulle famiglie in base alle diverse classi di spesa, nonché il sempre utile glossario.

a cura dell’Ufficio studi della Fondazione Metes

L’Agroalimentare DOP IGP STG nel 2023

a cura dell’Ufficio Studi della Fondazione Metes – 4 marzo 2024

Il rapporto Ismea-Qualivita 2023

Secondo l’ultimo rapporto Ismea – Qualivita sulle indicazioni geografiche, nel 2022 l’Italia si conferma il primo produttore mondiale di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica con 853 prodotti riconosciuti su 3.151 totali. In particolare, il nostro Paese può vantare 583 prodotti DOP (Denominazioni di origine protetta), 266 IGP (Indicazioni geografiche protette) e 4 STG (Specialità tradizionali garantite). I 195.407 operatori sul territorio nazionale hanno realizzato nel 2022 una produzione di 20,2 miliardi di euro, il 20% dell’intera produzione agroalimentare italiana, con un incremento di oltre un miliardo di euro in un solo anno (+6,4%). Questo dato conferma il trend di crescita ininterrotto che negli ultimi cinque anni ha caratterizzato il comparto.

L’impatto occupazionale delle Indicazioni Geografiche

Il Rapporto Ismea-Qualivita 2023 per la prima volta fornisce anche una misura dell’impatto occupazionale del settore agroalimentare DOP IGP. In particolare, le stime elaborate indicano, nel settore agricolo, un numero di rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato pari a 430 mila e 50 mila a tempo indeterminato, a cui si aggiungono poco meno di 100 mila lavoratori autonomi, tra imprenditori agricoli e coltivatori diretti. Nella fase industriale il settore agroalimentare DOP IGP genera oltre 250 mila rapporti di lavoro a tempo indeterminato e circa 60 mila rapporti a tempo determinato o stagionali.

I dati esposti evidenziano il ruolo cruciale che i prodotti DOP, IGP e STG rivestono nel settore agroalimentare italiano.

Prospettive del nuovo regolamento europeo

La politica dei marchi di qualità ha assunto una crescente rilevanza nell’ambito delle strategie comunitarie per l’agroalimentare a partire dagli anni ’80 e è di questi giorni la notizia dell’approvazione definitiva da parte del Parlamento europeo del nuovo regolamento europeo sui regimi di qualità agroalimentari.

A partire dal prossimo aprile, mese di formale entrata in vigore del nuovo regolamento, sarà quindi necessario avviare una azione di attento monitoraggio dell’impatto del nuovo quadro regolamentare. In particolare, da un lato, sarà necessario comprendere come i contenuti del nuovo regolamento europeo verranno recepiti a livello nazionale e, dall’altro, analizzare quali saranno i provvedimenti normativi e amministrativi che verranno adottati. D’altro canto, sarà necessario comprendere fino a che punto questa riforma sarà in grado di indirizzare il sistema italiano dei prodotti DOP, IGP e STG verso l’obiettivo della sostenibilità. In particolare, sarà necessario comprendere se il nuovo regime comunitario, oltre a migliorare i risultati ambientali delle filiere e dei distretti agroalimentari di qualità, potrà promuovere un miglioramento e una valorizzazione del lavoro.

Per approfondire scarica la nota completa

CAMBIAMENTI STRUTTURALI ED ECONOMICI DELL’AGRICOLTURA ITALIANA

a cura dell’Ufficio Studi della Fondazione Metes – 1° marzo 2024

Il VII Censimento agricolo dell’ISTAT mette in luce il prevalere del modello industriale nell’agricoltura italiana, con una marcata tendenza all’accentramento economico e strutturale che porta alla progressiva scomparsa delle piccole aziende e all’abbandono delle zone rurali montane e collinari.

Questo trend è allarmante considerando il ruolo cruciale dei piccoli agricoltori nella conservazione del territorio, della biodiversità e delle tradizioni culturali. In 38 anni, infatti, sono scomparse quasi due aziende agricole su tre e la dimensione media di quelle sopravvissute è più che raddoppiata in termini di superficie a vantaggio di quelle con una dimensione economica maggiore. La manodopera familiare è ancora la principale componente della forza lavoro per le aziende agricole e rappresenta il 76% della manodopera, impiegata dal 98% delle imprese. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, il ricorso alla manodopera familiare si è dimezzato, a vantaggio del lavoro salariato che è cresciuto del 47%.

Le politiche adottate finora sia a livello nazionale che europeo, si sono dimostrate inefficaci nel proteggere l’ambiente e nel contrastare i cambiamenti climatici, risultando in contraddizione con l’obiettivo di preservare la vitalità delle aree rurali. Le riforme della PAC, influenzate da principi neoliberisti, hanno favorito il predominio del mercato sull’agricoltura, accentuando l’uso predatorio delle risorse naturali e l’intensificazione delle pratiche produttive, mentre a livello nazionale manca una strategia agricola efficace, con interventi frammentati che lasciano alle imprese agricole poche prospettive di sopravvivenza.

Per approfondire scarica la nota completa

Chi ha paura di Virginia Woolf? Consapevolezza e volontà contro la violenza di genere sul lavoro

Chi ha paura di Virginia Woolf? Consapevolezza e volontà contro la violenza di genere sul lavoro

Non si parla mai abbastanza delle donne, dei loro diritti, delle lotte, delle sconfitte o dei traguardi raggiunti. Ed è invece necessario farlo, se vogliamo focalizzare di nuovo gli obiettivi e capire a che punto siamo del nostro percorso.

Conferenza di Pechino nel 1995: una pietra miliare nel riconoscimento dei diritti umani delle donne. La “Piattaforma d’Azione” è il testo politico più rilevante e tutt’ora più consultato dalle donne e costituisce uno spartiacque nella politica delle donne sul piano internazionale. Si fondava su tre pilastri: genere e differenza, empowerment, mainstreaming. Si prefiggeva di eliminare la “violenza di genere nel lavoro”, anche attraverso l’adozione di una norma internazionale del lavoro. Venti anni dopo, nel 2015, le sindacaliste dell’ITUC, dell’EI e del PSI fanno il punto dell’attuazione della piattaforma di Pechino dichiarando che la maggior parte delle promesse non sono state mantenute: il 70% dei poveri del mondo sono donne, il divario retributivo di genere a livello globale resta quasi il 23%, le donne sono sovrarappresentate nelle mansioni di livello inferiore, scarsamente retribuite, concentrate nel lavoro informale, nel part-time, nel lavoro instabile e precario. New York 2015, 59° sessione della Commissione sullo Status delle donne: viene approvata una dichiarazione troppo debole, formale e poco efficace. Dichiarazione che sembra avulsa dalla realtà e che non tiene conto che nessuno dei tre pilastri dello sviluppo sostenibile (economico, sociale e ambientale) potrà mai realizzarsi senza la piena partecipazione delle donne e senza la completa realizzazione dei loro diritti umani. Uno studio Fondo Monetario Internazionale (2015) quantifica i danni del sessismo nel mondo in 9.000 miliardi di dollari all’anno, a causa di restrizioni legali e della parità di genere ancora lontana da raggiungere. Christine Lagarde, Direttrice del Fondo, parla di una “cospirazione contro le donne per impedire di essere economicamente attive. In un mondo che ha tanto bisogno di crescita le donne possono dare un contributo, se solo hanno di fronte a sé delle pari opportunità, invece di un’insidiosa congiura”.

Nel nostro Paese, sempre secondo lo stesso studio, siamo al sessantaquattresimo posto nella graduatoria del gender gap. Dopo di noi solo Malta e Romania. Il rapporto Istat del 2016 ci consegna un dato di occupazione femminile del 48,1%, ben lontano da quel 60% che era l’obiettivo di Lisbona. Cresce il part-time involontario e aumentano le disuguaglianze salariali.

In questi anni le donne hanno avuto piena consapevolezza della crisi che si stava e che si sta ancora attraversando. Crisi economica e del mondo del lavoro, ma anche della politica e dei governi che spesso non solo non hanno individuato le soluzioni più appropriate, ma hanno anche penalizzato ulteriormente la condizione delle donne.

Consapevolezza e volontà di lottare per un cambiamento dimostrata dalle donne anche mobilitandosi e riempiendo le piazze, dimostrando capacità di decidere e di scegliere. In piazza a supporto dell’equal pay di Obama. In piazza contro Trump Presidente. In Italia, “Se non ora quando”.

E ancora una volta protagoniste con la CGIL, nella prossima assemblea del 28 marzo di Filcams, Flai e FP per sostenere le ragioni della cancellazione dei voucher e della responsabilità solidale negli appalti.

“Chi ha paura di Virginia Woolf” è un dramma teatrale, e il titolo è un gioco di parole che prende lo spunto da una canzoncina di bambini “Chi ha paura del grande lupo cattivo” (Who’s Afraid of the Big Bad Wolf?).

Viene spontaneo dire “Chi ha paura delle donne?” e rompere una volta per tutte il tabù che imperversa nella nostra società. E, citando il nostro Segretario Generale, cominciare invece a “guardare il mondo con gli occhi delle donne”.