Chi ha paura di Virginia Woolf? Consapevolezza e volontà contro la violenza di genere sul lavoro

Chi ha paura di Virginia Woolf? Consapevolezza e volontà contro la violenza di genere sul lavoro

Non si parla mai abbastanza delle donne, dei loro diritti, delle lotte, delle sconfitte o dei traguardi raggiunti. Ed è invece necessario farlo, se vogliamo focalizzare di nuovo gli obiettivi e capire a che punto siamo del nostro percorso.

Conferenza di Pechino nel 1995: una pietra miliare nel riconoscimento dei diritti umani delle donne. La “Piattaforma d’Azione” è il testo politico più rilevante e tutt’ora più consultato dalle donne e costituisce uno spartiacque nella politica delle donne sul piano internazionale. Si fondava su tre pilastri: genere e differenza, empowerment, mainstreaming. Si prefiggeva di eliminare la “violenza di genere nel lavoro”, anche attraverso l’adozione di una norma internazionale del lavoro. Venti anni dopo, nel 2015, le sindacaliste dell’ITUC, dell’EI e del PSI fanno il punto dell’attuazione della piattaforma di Pechino dichiarando che la maggior parte delle promesse non sono state mantenute: il 70% dei poveri del mondo sono donne, il divario retributivo di genere a livello globale resta quasi il 23%, le donne sono sovrarappresentate nelle mansioni di livello inferiore, scarsamente retribuite, concentrate nel lavoro informale, nel part-time, nel lavoro instabile e precario. New York 2015, 59° sessione della Commissione sullo Status delle donne: viene approvata una dichiarazione troppo debole, formale e poco efficace. Dichiarazione che sembra avulsa dalla realtà e che non tiene conto che nessuno dei tre pilastri dello sviluppo sostenibile (economico, sociale e ambientale) potrà mai realizzarsi senza la piena partecipazione delle donne e senza la completa realizzazione dei loro diritti umani. Uno studio Fondo Monetario Internazionale (2015) quantifica i danni del sessismo nel mondo in 9.000 miliardi di dollari all’anno, a causa di restrizioni legali e della parità di genere ancora lontana da raggiungere. Christine Lagarde, Direttrice del Fondo, parla di una “cospirazione contro le donne per impedire di essere economicamente attive. In un mondo che ha tanto bisogno di crescita le donne possono dare un contributo, se solo hanno di fronte a sé delle pari opportunità, invece di un’insidiosa congiura”.

Nel nostro Paese, sempre secondo lo stesso studio, siamo al sessantaquattresimo posto nella graduatoria del gender gap. Dopo di noi solo Malta e Romania. Il rapporto Istat del 2016 ci consegna un dato di occupazione femminile del 48,1%, ben lontano da quel 60% che era l’obiettivo di Lisbona. Cresce il part-time involontario e aumentano le disuguaglianze salariali.

In questi anni le donne hanno avuto piena consapevolezza della crisi che si stava e che si sta ancora attraversando. Crisi economica e del mondo del lavoro, ma anche della politica e dei governi che spesso non solo non hanno individuato le soluzioni più appropriate, ma hanno anche penalizzato ulteriormente la condizione delle donne.

Consapevolezza e volontà di lottare per un cambiamento dimostrata dalle donne anche mobilitandosi e riempiendo le piazze, dimostrando capacità di decidere e di scegliere. In piazza a supporto dell’equal pay di Obama. In piazza contro Trump Presidente. In Italia, “Se non ora quando”.

E ancora una volta protagoniste con la CGIL, nella prossima assemblea del 28 marzo di Filcams, Flai e FP per sostenere le ragioni della cancellazione dei voucher e della responsabilità solidale negli appalti.

“Chi ha paura di Virginia Woolf” è un dramma teatrale, e il titolo è un gioco di parole che prende lo spunto da una canzoncina di bambini “Chi ha paura del grande lupo cattivo” (Who’s Afraid of the Big Bad Wolf?).

Viene spontaneo dire “Chi ha paura delle donne?” e rompere una volta per tutte il tabù che imperversa nella nostra società. E, citando il nostro Segretario Generale, cominciare invece a “guardare il mondo con gli occhi delle donne”.

Appalti e voucher: perché votare SI ai referendum CGIL

Appalti e voucher: perché votare SI ai referendum CGIL

Responsabilità solidale negli appalti e abrogazione dei voucher: cosa propongono i referendum della CGIL e perché votare sì

Forse troppo spesso qualcuno dimentica che “siamo una repubblica democratica fondata sul lavoro”, o altri dimenticano che ognuno ha diritto al lavoro.

E non un lavoro qualsiasi, ma un lavoro dignitoso, che non calpesta la dignità delle persone, un lavoro che possa rendere le persone libere di vivere la loro vita e di esercitare le proprie scelte.

Utopia? Forse. Ma anche profonda consapevolezza che che ci sia bisogno di un profondo cambiamento. Se vogliamo un’altra Italia dobbiamo liberare il lavoro per poterlo rendere fruibile a tutti e tutte. Senza ricatti, senza cancellare le conquiste fatte in tanti anni di lotte, senza sfruttare la disperazione di chi ha bisogno, senza disintegrare le speranze di chi tenta di costruire la propria vita partendo dal lavoro, senza ricorrere al caporale-schiavista.

Ecco perché per la prima volta la Cgil si è fatta promotrice dei quesiti referendari e a gran voce sta chiedendo al Governo di fissarne la data. E’ in atto una campagna capillare a livello territoriale con numerose iniziative. Camper e pulman che piazza per piazza spiegano alle persone i motivi dei referendum e perché sarà importante votare “Si”. Dal 20 marzo ci saranno spot sugli autobus, in varie Regioni circola “L’Ape del Lavoro”. Fino ad arrivare ad una grande manifestazione nazionale programmata per l’8 aprile.

Partire dai voucher e dagli appalti non è stato casuale, bensì si è trattato di scegliere i punti più bassi della progressiva perdita di valore del lavoro che tra l’altro coinvolgono un enorme parte del mondo del lavoro. Intere generazioni hanno come unica prospettiva un voucher, o l’inferno di una catena di appalti e subappalti. Non può rappresentare l’unica alternativa fare la valigia e tentare la fortuna all’estero. La situazione va cambiata radicalmente qui ed ora, se vogliamo un futuro diverso e un’Italia diversa.

Con il referendum si chiede di ripristinare il principio di responsabilità solidale inderogabile e piena a carico del committente nell’ambito di opere o servizi, abrogando l’art.29, secondo comma del dlgs 276 del 2003. Si verrebbe quindi ad abrogare la derogabilità della responsabilità solidale riportandola in capo al committente, e cioè al soggetto che sceglie l’appaltatore, da un lato, e che beneficia della prestazione lavorativa dei dipendenti dall’altro. Inoltre, abrogando la norma, i lavoratori potrebbero recuperare i propri crediti direttamente e velocemente dal committente, qualora si instaurasse un iter processuale per mancata erogazioni di salario o altre voci contrattuali. Troppo spesso la cosiddetta “filiera dell’appalto” é un vero gioco di “scatole cinesi” dove l’anello più debole della catena è il lavoratore. Appalti al massimo ribasso, esternalizzazioni fatte per risparmiare e abbattere il costo del lavoro, ditte o cooperative che prendono l’appalto e poi svaniscono nel nulla, condizioni di lavoro con disparità contrattuali, evasioni contrattuali, non rispetto della sicurezza e spesso al di fuori della legalità. Il committente non può non assumersi le responsabilità in solido delle scelte attuate e risponderne ai lavoratori. Per farlo bisogna votare “Si”.

Per quanto riguarda i voucher, il referendum ne chiede la cancellazione. Il 28 febbraio u.s., l’Inca Cgil ha presentato un dossier utilizzando alcuni dati INPS. Solo nel 2015, tra i 750.000 lavoratori attivi (coloro che hanno una posizione assicurativa già aperta, alimentata anche da prestazioni di sostegno al reddito per disoccupazione) le donne pagate esclusivamente con i voucher sono oltre la metà e hanno in media 35 anni. I disoccupati di lunga durata, i “silenti” secondo l’Inps, sono 300.000 con storie lavorative anche consistenti alle spalle. Nel 2015 hanno percepito solo voucher. Di loro oltre la metà sono donne. Infine, i percettori di voucher che non risultano iscritti a nessuna gestione previdenziale, sono in tutto 200.000 nel 2015 (sei volte di più di quelli registrati nel 2010). Si tratta di lavoratori sempre più giovani, con un’incidenza delle donne del 58%. Con il voucher si evadono completamente tutte le norme contrattuali e di legge che tutelano i lavoratori: la giusta retribuzione, l’orario, le ferie, la malattia, la maternità, l’indennità il sostegno al reddito (basti pensare nel settore agricolo al diritto alla disoccupazione agricola). Le ricadute previdenziali sono allarmanti. Nelle Marche, la Regione che registra nel 2015 circa 64.000 persone retribuite con i voucher, il reddito medio annuo di questi lavoratori è stato di circa 480 euro, in linea con la media nazionale. Se un lavoratore con le stesse condizioni di reddito raggiunge il tetto massimo fissato per i voucher di 7.000 euro annui, a 70 anni, con 5 di anzianità contributiva, avrà una pensione mensile di 208 euro. Per queste ragioni non è pensabile che bastino alcune modifiche per l’impiego dei voucher. L’uso del voucher va abrogato. Per farlo bisogna votare “Si”.

Le regole democratiche sono il baluardo di una società civile. I referendum della Cgil sono stati riconosciuti “ammissibili”. Il Governo fissi la data del voto in modo da consentire ai cittadini di questo Paese di potersi esprimere. Noi lo faremo, sicuri di incontrarti e di votare insieme il “Si” per contribuire ad un futuro diverso e migliore.

Convegno “Un lavoro di qualità per la salvaguardia e la valorizzazione del territorio” FLAI CGIL Cosenza

Il 12 novembre 2015 nell’ambito del Convegno “Un lavoro di qualità per la salvaguardia e la valorizzazione del territorio” della FLAI CGIL Cosenza è stata presentata una sintesi dei principali risultati della ricerca “Il territorio della Sila e della Presila cosentina: la forestazione sostenibile per lo sviluppo delle aree interne” svolta dalla Fondazione Metes.

Qui di seguito è possibile scaricare la presentazione di Massimiliano D’Alessio.

Convegno FLAI CGIL Cosenza - 12 novembre 2015